GIANNI DE TORA |
CARTELLE /mostre personali |
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1975 Galleria Artecom, Roma 19-29 novembre |
TESTO DI ENRICO CRISPOLTI PER IL CATALOGO DELLA MOSTRA |
Dal geometrismo quasi onirico, fantastico certo, in una sorta di apertura visionaria quasi d'intenzione cosmica, in forme minuziose, si direbbe scritte piuttosto che architettonicamente strutturate, praticato nel 1972-'73, De Tora è approdato nel '74, e lo ha approfondito nel '75, ad un diverso e nuovo tipo di ordine, fondato su strutturazioni precise, geometriche, entro le quali è assunto il principio della mutazione, cioè della sequenza, come gamma di eventualità di trasformazione strutturale. In questo senso De Tora non smentisce i suoi precedenti interessi di visione (e persino appunto d'un certo visionarismo dinamico), ma li ripropone in termini più controllati concettualmente e formalmente più chiari e definiti. Tali sequenze, mutative e non meramente iterative, sono ordite entro una impalcatura generalmente fatta di quadrati e di cerchi: cioè una struttura elementare in funzione di telaio (ma in qualche caso saranno anche triangoli acutissimi). Mentre molto più varia e articolata è la struttura minore, in mutazione che compare entro tali inquadrature, nel cerchio soprattutto (così che in fondo l'intero dipinto è una sorta di presentazione di mutazioni strutturali continue, come fermate in una tavola d'orientamento, di indice di tali mutazioni). Dico mutazioni non a caso, gìacché sono i titoli stessi che De Tora propone per questi suoi dipinti, ma attribuendoli non ad entità geometriche astratte, bensì a riferimenti naturalistici (sia pure vagamente cosmici): «mutazioni del sole», per esempio. A questo punto mi sembra evidente che l'intenzione di De Tora è quella di voler fissare entro un controllo strutturale geometrizzato i termini di una mutazione appunto di natura, infinitamente fluida e sfuggevole ( «i riflessi del sole», altrove). E ciò avverte di come queste proposizioni di De Tora non possano essere correttamente intese quali mere invenzioni strutturali geometriche, ma fondino invece la loro ragione d'essere proprio sul dibattito intimo fra volontà di analogia lirica, «poetica» si può ben dire, e volontà di geometria costruttiva, il cui valore sia tuttavia soltanto nel segno che riesca a portare di tale lirismo. E dunque l'intenzione lirica di De Tora nel geometrismo costruttivo trova il suo veicolo, il suo strumento valorizzante, non tanto il suo fine. Ecco perchè il lavoro di De Tora ha un tratto molto personale, che direi persino si può intendere quale tentativo di proporre un'accezione propria, «meridionale» se volete, a certe scadenze di cultura geometrica seriale, d'origine invece tecnologica. |
TESTO DI EUGENIA SERAFINI PER IL CATALOGO DELLA MOSTRA |
Perchè De Tora all'ARTE COM De Tora all'ARTECOM continua e conferma il discorso estetico intrapreso da una associazione che, nata dall'iniziativa di un gruppo di artisti, studiosi di storia dell'arte, architetti, si è posta come elemento di frattura e di alternativa nei confronti dei tradizionali canali informativi e culturali. Autogestita, non monopolizzata, aperta alle sollecitazioni della cultura e della società contemporanee, L'ARTECOM lotta per un giusto inserimento degli operatori estetici nella loro vera funzione sociale e culturale, intesa come apporto e ricezione nei confronti delle masse e non dogmatica donazione di un "bene” tanto incomprensibile e alieno dall'habitat delle stesse, quanto monopolizzato e commercialmente montato dalla speculazione. L'ARTECOM lotta dunque per una funzione sociale dell'arte e degli operatori estetici, contro una cultura di élite, contro l'ipervalutazione del fatto estetico, contro la gentiliana mitizzazione dell'artista-genio e sregolatezza. L'ARTECOM non è una galleria di tendenza; e non pratica perciò inaccettabili chiusure estetiche: il suo lavoro è di confronto, di dialettica, di progresso. Progresso estetico. E Gianni De Tora è progresso estetico. De Tora è stato raggiunto attraverso la "Ricerca ARTECOM” (mostra concorso) uno dei mezzi dei quali ci serviamo per entrare in contatto con operatori validi altrimenti difficilmente raggiungibili. La sua scelta è il risultato di un'azione dialettica portata avanti da tre anni e, forse soprattutto, il frutto di una selezione autogestita, sperimentazione e verifica perchè l'arte torni ai legittimi proprietari. |
ARTICOLO DI SANDRA ORIENTI SUL “IL POPOLO” DI ROMA DEL 28.11.1975 |
DE TORA Negli ultimi due anni, Gianni De Tora ha mostrato di mettere a fuoco il nodo delle sue ricerche, ora decisamente rivolte a riscattare certi indugi che sembravano legarlo a irrisolutezze formative. Infatti, i dipinti presentati all'Artecom (viale Manzoni 26) sono l'un l'altro legati dalla necessità di aderire con convinzione operativa al processo ricognitivo delle sue possibilità e delle sue intenzioni. Se scrive che ricorda “i colori dell'arcobaleno quando erano puliti”, conclude affermando di ricercare “la ricostruzione dell'io”; e il suo lavoro si stabilisce fra questi due termini, distanti ma non opposti. Per affermarne la sostanza, dipinge una serie di “mutazioni”: del sole? Più appropriato, forse, della luce: perchè, infatti, l'orditura è nitidamente geometrica, ma è proprio attraverso questa, e gli accadimenti previsti e risolti con lucida razionalità nel variare di “sottomultipli” pure geometrici, che De Tora prende coscienza anche di realtà sensibili e naturali che nello scatto progressivo degli elementi strutturali vengono ad essere decifrate e comprese. Il controllo del colore e in esso la lama interferente di luce, giocata anche nel ruolo del bianco, corrobora ed attiva il sostenuto percorso analitico. |
la poesia visiva scritta da Gerardo Pedicini |
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